Recensione - STORY OF JADE






Loony Bin

Black Tears

C'è del talento negli Story Of Jade, un talento finissimo, rafforzato da idee ed inventiva. Il tutto viene frullato in un insieme di classe metal d'alta scuola, fatto di splendidi assoli di chitarra, rabbia, grinta, carisma ed una sezione ritmica possente e martellante. Ne viene fuori un album pregevole come Loony Bin, dove Story Of Jade fondono assieme ad un thrash tradizionale e martellante, un heavy incisivo e possente, che rende l'album appetitoso e fruibile. La mente sapiente del gruppo, ha condito ogni brano con un suono ispirato certamente alla matrice anni ottanta del genere, ma visto i prospettiva moderna, tanto da rendere l'album attuale. La forza degli Story Of Jade è quella di non assomigliare a nessuno se non che a loro stessi, questo a dimostrazione della forte personalità di una band destinata a raccogliere un buon numero di consensi. Ogni brano è una piccola perla, a partire dalla decisa title-track, seguita dal vortice musicale di The Book Of Lies, anche se uno dei momenti più alti dell'album è senza alcun dubbio la splendida Psychosis In A Box, brano che ospita l'estro di Antonio Aiazzi, storico tastierista dei Litfiba, con un appeal particolarmente incline ai Dark Tranquillity di The Gallery. In tutto questo è impossibile dimenticare Sick Collector, componimento  dove gli Story Of Jade picchiano duro senza sosta, strizzando l'occhio ad affascinanti melodie, stesso dicasi per Merculah e Room 501. La band ha fatto le cose per bene, con arrangiamenti ben strutturati ed articolati alla perfezione. Aspetto che viene fuori in tutto il suo splendore nel brano Symphonies From The Grave, dove sono palpabili alcune influenze in chiave Megadeth. Rispetto al disco d'esordio The Damned Next Door, gli Story Of Jade hanno compiuto un congruo passo in avanti sia da un punto di vista compositivo che esecutivo. Il disco è compatto ed ha un impatto immediato, ogni brano riesce a colpire e per attitudini vengono in mente gli Extrema degli esordi, anche se stilisticamente le differenze sono chiare. Lobotomy è un pugno in faccia di inaudita potenza, nel quale la forza incontra l'eleganza,  ma il pezzo che più di tutti è destinato a lasciare il segno è certamente Blood Hangover, che vede la presenza in veste di guest di un altro musicista di notevole spessore artistico come Gerre dei Tankard. Se Bapho Matt dietro al microfono è una furia e per certi versi riesce a ricordare il migliori King Diamond, Andy Gore lascia un segno tangibile con la sua straordinaria chitarra, ma è tutta la band a funzionare, aspetto da non trascurare. La chiosa  a Loony Bin la firma Horror Me(n)tal Disorder, destinato a diventare un classico della discografia del gruppo toscano.




Maurizio Mazzarella     

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