PRS for Music: Batosta ai colossi Google e Amazon!


Come uscire dalle secche della recessione strutturale del mercato, che anche quest’anno condiziona pesantemente gli incassi degli operatori del music business? 




Robert Ashcroft, amministratore delegato della britannica PRS for Music (agenzia di raccolta diritti per conto di autori ed editori equivalente alla SIAE), resta malgrado tutto ottimista, e indica come ricetta anticrisi  una strategia articolata in tre punti. 
Il primo dei quali, ha spiegato nella sua relazione annuale agli associati tenuta al Millbank Media Centre di Londra, riguarda lo sviluppo delle partnership con altri enti di collecting: sia a livello locale (dove è allo studio un’ipotesi di collaborazione con l’agenzia dei produttori fonografici PPL, analoga alla SCF: da questo punto di vista, l’Italia è più avanti)   sia sul piano internazionale (l’esempio già operativo è quello dell’ICE, International Copyright Enterprise creato con la STIM svedese al fine di semplificare e rendere più efficienti i processi attraverso la messa in comune di database  e servizi di “back office”). Il secondo aspetto concerne l’incremento delle attività di raccolta di royalty all’estero,  soprattutto sui mercati emergenti come Brasile, Russia, India e Cina (nel 2010 i ricavi internazionali di PRS sono cresciuti solo dell’1,7 % , a 169, 8 milioni di sterline). E il terzo fronte è ovviamente quello del business digitale, dove le entrate degli autori ed editori inglesi sono aumentate del 4,3 % a  26,5 milioni di sterline. “Dobbiamo raddoppiare gli sforzi”, ha detto Aschcroft approfittandone  per stigmatizzare il comportamento di Amazon e Google, che negli Stati Uniti hanno lanciato servizi di digital locker/music cloud senza firmare accordi con editori musicali e case discografiche (“in base alla legge inglese”, sostiene l’ad di PRS, “qui da noi avranno bisogno di una licenza”). E sul colosso dei motori di ricerca l’ad di PRS ha avuto da ridire anche a proposito dell’atteggiamento adottato nei confronti dei siti pirata.“Se Google gli altri volessero”, è la sua opinione, “potrebbero fare molte cose per migliorare le condizioni per il copyright senza violare il principio della neutralità di Internet”. 

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