Intervista ai Gory Blister!



Di seguito l'intervista alla band death metal in occasione del loro prossimo album in uscita, ecco i Gory Blister....



1)            Salve ragazzi, parlate un po di voi a chi non vi conosce, presentatevi...

Joe: I Gory Blister nascono nel 1990, in quel di Taranto; la prima parte della nostra storia non è ricca di eventi straordinari e dopo un paio di demo ed un miniCD (Cognitive Sinergy) io e Raff ci trasferimmo a Milano per provare a fare un salto in avanti. Così, registrammo Art Bleeds, nostro primo full length, con Mike al basso e Daniel alla voce. Il master attirò le attenzioni della Noise rec., che con notevole coraggio per l’epoca, stava per lanciare una piattaforma online per mp3. Poi la Noise fu acquistata dalla Sanctuary ed il progetto accantonato. Solo quando Rock Hard ci scelse fra le migliori unsigned bands nel 2001 e pubblicò una nostra traccia nel loro CD mensile, trovammo il modo di pubblicare Art Bleeds (pronto da 2 anni!) attraverso la Sekhmet records (Fra) e questo ci ha portato successivamente a firmare con l’ottima Mascot Records (Olanda). Forse, uscendo con qualche anno di anticipo, Art Bleeds avrebbe potuto riscuotere molto più successo. La Mascot Records ci propose un contratto per due album (Skymorphosis, 2006 e Graveyard Of Angels, 2009), ma dopo un certo entusiasmo iniziale, la cosa si arenò e la label olandese decise di seguire solo progetti blues rock. Successivamente siamo approdati in Bakerteam, nostra prima label italiana, con la quale abbiamo pubblicato Earth-Sick, concept arricchito dalla presenza alla voce su due tracks del mitico Karl Sanders dei Nile! Infine, firmiamo con la Sliptrick, etichetta indipendente americana con uffici in Italia e Svezia. Così, la quinta furia vede la luce.

2)            Siete attivi fin dagli anni 90, cosa è cambiato nella musica specialmente nel vostro genere fino ad oggi?

Joe: Quando abbiamo cominciato, era tutto in divenire ed il metal, soprattutto quello più estremo, era davvero qualcosa al limite dell’inascoltabile. Alcune produzioni erano davvero pessime, ma era una sorta di impeto sovversivo che spingeva il confine sempre più in là. Il metal era contro il mercato, contro la tradizione, contro la melodia come era stata sempre concepita. La libertà era totale e sembrava che ogni giorno una band potesse inventare qualcosa di nuovo. Non esisteva internet, almeno in Italia, e la posizione geografica poteva fare la differenza. Il Death Metal nasceva a migliaia di km di distanza e quando un tuo demo arrivava negli uffici di una label, c’era già qualche altro gruppo prima di te che aveva attirato l’attenzione. Perciò, proporre qualcosa di originale era fondamentale per potercela fare. L’avvento di internet ha reso più democratico il rapporto col pubblico (tutti hanno la possibilità di farsi ascoltare e giudicare oggi), ma ha appiattito inesorabilmente l’identità di un genere che non produce niente di nuovo, se non qualche banale ibrido, da anni. Il metal che prima era “contro” è diventato una parte integrante del mercato e ne ha subìto la piena crisi, sia di vendite che di ispirazione artistica. L’istinto e l’incoscienza delle origini sono state sacrificate ad un illuminismo della produzione tecnologica. Una sorta di rivoluzione industriale. Certi capolavori come Pleasure To Kill o Simphonies Of Sickness resteranno irripetibili.



3)Parlateci del vostro nuovo album in uscita, cosa è cambiato rispetto ai precedenti?

Joe: Per ogni nostro album ci impegnamo a non ripetere quanto abbiamo già fatto in precedenza, cercando di introdurre degli elementi di novità, ma senza snaturare la personalità della band, e senza uscire dai confini del Death Metal tecnico. Quando abbiamo iniziato a scrivere i primi riffs di The Fifth Fury, ci siamo chiesti cosa volevamo ottenere da questo album. L’aspetto tecnico per noi era sempre stato una certezza, di cui a volte abbiamo forse abusato, mentre sentivamo che era dal punto di vista del mood dell’album che potevamo osare qualcosa. The Fifth Fury è pertanto la quinta evoluzione del nostro stile, per il quale abbiamo scelto un sound più scuro e un riffing più groovy con delle melodie dalle atmosfere sofferenti ed un cantato più diretto; il fine ultimo era quindi quello di ottenere un album dall’impatto immediato, ma nel contempo tecnico quanto basta, e dalle atmosfere riconoscibili. Abbiamo poi lavorato molto sui cantati di John ed il fatto che siamo al secondo album consecutivo con lo stesso cantante sembra aver dato i primi frutti. All’ascoltatore l’ardua sentenza.


4)Il death metal, è un genere un po trascurato, perchè considerato non commercialmente trasmissibile, ma ci sono tanti musicisti validi in questa scena, che magari vengono un po sottovalutati, cosa ne pensate?

Joe: Sulla questione della “commerciabilità” di un genere musicale, ho sempre nutrito delle perplessità. Non credo che un genere di musica possa essere considerato commerciale o no a priori. L’orecchio umano è come un mixer che miscela i suoni prima di mandarli al cervello per l’interpretazione. Il contesto sociale diventa dunque determinante. Il fatto stesso che siamo culturalmente legati al 4/4 come ritmo che ci sembra naturale, la dice lunga. Resto convinto che se iniziassimo una gigantesca operazione di marketing, il death metal sarebbe più commerciale di Robbie Williams. Il problema è che l’orecchio della gente è bombardato tutti i giorni da determinate sonorità e non è assolutamente preparato a ricevere suoni diversi, che quindi, per pigrizia, interpreta come rumore. Se non fosse così, non ci sarebbe evoluzione musicale. E non sarebbe neanche possibile imparare una lingua straniera!

5)Avete argomenti particolari per le vostre canzoni, o vari?
Joe: Come chi ci segue sa, i testi hanno sempre ricoperto una fondamentale importanza per me. Infatti c’è sempre stato un concept di fondo a legare i testi dei nostri albums. In Art Bleeds era la ferita nel sub-conscio dell’artista, in Skymorphosys era un mix di astronomia e mito, Graveyard Of Angels raccontava una storia sci-fi, mentre Earth-Sick era la metafora di un organismo malato di un cancro sconosciuto, la razza umana, che consuma il pianeta come il cancro un polmone o un’altra parte del corpo umano. Per The Fifth Fury, invece, ho voluto celebrare il fatto che siamo arrivati al quinto album, cosa impensabile nella Taranto anni 80 in cui cominciavamo ad ascoltare gli Slayer. Intanto c’è un riferimento mitologico, nella misura in cui le Furie sarebbero dei personaggi in grado di ristabilire una sorta di giustizia divina “post-mortem”, per cui viene punito colui che ha avuto fortune immeritate, ma ricompensato colui che non ha ottenuto in vita quello che spettava Le altre tematiche dell’album toccano l'arrivo sul mercato di nuove droghe sintetiche dall'effetto devastante (Psycho Crave), medicinali somministrati ai soldati americani per essere un po' meno umani durante le operazioni di “terra” (Toxamine), la pulizia etnica in Bosnia a spese delle donne bosniache, stuprate e torturate sotto gli occhi della comunità internazionale (Mass Grave) e addirittura la situazione delle fabbriche pesanti che per il lucro di pochi avvelenano la vita di molti, in particolare l'Ilva di Taranto (The Grey Machinery). Poi ho deciso di dedicare un testo a due miei amici deceduti nell'arco di una settimana nel gennaio 2013, per motivi diversi, ma molto tragici (Thersholds, mi riferisco a Claudio Leo e Mauro Caporale).


6) Come e in quale occasione siete venuti a conoscenza della musica che suonate oggi?

Joe: In parte ho accennato alla realtà del sud Italia negli eighties. Il metal fu una sorta di fuga da una realtà sterile ed oppressiva. Ci lasciava sfogare i nostri sentimenti anti sociali senza fare danni. A parte la mobilia della nostra camera, ovviamente! Vedi, all’epoca, non condividere, ma anzi, contestare le coordinate sociali imposte dalle istituzioni (famiglia, scuola, religione) poteva portare all’emarginazione. Per molti di noi, il metal fu la previsione di un mondo diverso dove potersi esprimere liberamente. Solitamente era su HM, l’unico magazine dedicato al metal, che scoprivamo le ultime uscite e le nuove tendenze musicali. Quando poi trovavi un nuovo disco nel tuo negozio preferito, era festa!

7)Idee per il futuro e prossimi concerti?

Joe: Per ora c’è un progetto al quale stiamo lavorando con la nostra etichetta, che prevede delle date in Europa a partire dalla prossima stagione. Vedremo quando sarà fattibile; si prevedono come possibili direttrici la Germania, l’Olanda, UK ed infine Svezia, i paesi dove i Gory Blister vendono più dischi. Nel frattempo, promozione online, cercando di diffondere il nostro ultimo videoclip “The Fifth Fury”.


8)Cosa ne pensate della situazione del nostro paese oggi?

Joe: Musicalmente o in generale? Non c’è la domanda di riserva? Questo paese è fallito (nel 2011), economicamente, e come una qualsiasi azienda che fallisce, va in liquidazione. Solo che non possono dircelo. Allora ci hanno commissariato. La nostra classe politica si limita a difendere il proprio piccolo grande impero, frutto di corruzione e privilegi, scambiando la propria impunità con lo smantellamento dei diritti proposto dall’Europa per ricapitalizzare il paese con nuovi investimenti. Le strategie si sono fatte sempre più subdole e ormai ci siamo ridotti ad una corsa al ribasso che non avrà fine. L’unica via d’uscita è azzerare questa classe politica, riprenderci la nostra sovranità e farsi ridare il malloppo… il problema è che per sicurezza, ci hanno tolto gli strumenti democratici per farlo, quindi…

9) Voglio citarvi una delle mie frasi preferite sulla musica ''Un giorno anche la guerra si inchinerà al suono di una chitarra'' del grande Jim Morrison, secondo voi a che punto siamo arrivati?

Joe: Quest’anno l’”overshoot day”, cioè il giorno in cui l’umanità esaurisce le risorse naturali del pianeta per l’anno in corso è caduto il 19 agosto. Qualche anno fa era a fine settembre. Significa che per i restanti 4 mesi, sfruttiamo risorse che il pianeta non produce, ovvero andiamo a debito. Di questo passo, la lotta per le risorse e lo sfruttamento dei popoli saranno sempre più inesorabili e ben poco potrà la diplomazia e la cultura, soprattutto quella occidentale, che è la maggiore responsabile di questo modello di sviluppo.

10)Vorrei concludere con un vostro commento su ciò che avete da dire ai nostri lettori, avete tutta la libertà che volete...con questo buon rock n roll a tutti...

Joe: un grazie di metallo rovente a tutti coloro che si occupano ancora di metal, che siano addetti ai lavori o appassionati. Supportate le vostre bands preferite e comprate almeno una copia fisica di un album o una t-shirt. Speriamo di vederci in occasione di una nostra esibizione live.







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